Per la sua modestia Angelo Maltese non parlò mai di arte figurativa riferendosi all'enorme archivio fotografico che produsse dal 1920 al 1980. Nel dopoguerra Angelo Maltese sosteneva la necessità di "riportare le sconvolte coscienze umane a ritrovare se stesse, rieducandole e riconducendole verso le vie smarrite della bellezza”. Angelo Maltese dimostrava così che le sue fotografie andavano ben oltre l'arte figurativa, ricercando piuttosto la purezza dell'espressione artistica e la sua condivisione. Nei sessant'anni di attività de "La Fontainina" , il padiglione che Angelo Maltese progettò, realizzò e arredò nel palazzo Interlandi Pizzuti a Siracusa, si andò ben oltre le questioni dell'arte figurativa. Oltre a moltissime di mostre d'arte, alcune delle quali incentrate sull'arte figurativa, "La Fontanina" ospitò un perenne cenacolo artistico frequentato dai fratelli Assenza, dal filosofo netino Corrado Curcio, da Karl Stirner , Enrico Cardile, Gino Severin, Trombadori, Brancati, Guttuso, Quella, Quasimodo, nonché lo scrittore siracusano Elio Vittorini. Alla fotografia, all'arte figurativa e all’espressione artistica Angelo Maltese aggiunse la descrizione dei cambiamenti sociali e ideologici che caratterizzarono la modernità. I suoi ritratti non sono solo manifestazioni dell'arte figurativa, ma sanno carpire l'anima.
“È invalso l’uso nelle mostre fotografiche di definire “opere” le fotografie esposte, come per le arti figurative. Io non sono di quest’avviso, ritenendo inopportuno l’accostamento della fotografia alle vere e proprie opere della creazione. La fotografia è per me, non già per quello che so fare io, ma anche per quello che fanno i maggiori in questo campo di attività, un’arte minore. Nulla esclude che a praticarla con alto e nobile intendimento possa essere invogliato un temperamento di vero artista, nel qual caso la fotografia può raggiungere espressioni di stile e poesia, pur rimanendo nell’ambito delle sue limitate possibilità, in opposto alle arti eccelse che non hanno confini e che entrano nel dominio delle cose eterne, pura e inconfondibile espressione del genio e dello spirito umano. A noi è preclusa la via della creazione, ci si offre l’interpretazione davanti alla realtà pura e vibrante del tutto vero, che la nostra sensibilità artistica dovrà saper scegliere, inquadrare e illuminare, luci ed ombre, dal bianco al nero, in un’armonia di linee, di toni, di volumi” (Angelo Maltese 1954).
Angelo Maltese si dedicò, durante i lunghi anni della sua attività professionale alla complessa arte del ritratto. I suoi sono ritratti elaborati e difficili e sono l’espressione degli anni ’20-’30.
Fu maestro nel ritocco; il “flou” nella sua attività dominò sovrano adoperando speciali obiettivi che fondevano l’immagine dandole un senso di elevata spiritualità. Egli fu capace di creare, accanto a molti ritratti di circostanza, degli autentici capolavori che riescono ad andare oltre l’epoca nella quale furono realizzati, Egli vide attraverso il suo obiettivo la società del suo tempo con occhio indagatore, nei suoi aspetti di lusso, vanità, eleganza, ma anche nella durezza della vita quotidiana. La maggior parte dei ritratti ci sono giunti anonimi. Egli si rivolse sia ai membri della media e alta borghesia sia alla semplice gente del popolo. Moltissimi dei personaggi ritratti oggi non esistono più ma rivivono attraverso la fotografia in una nuova dimensione. Nel ritratto egli privilegiava la luce morbida e le atmosfere aeree. Il ritratto fotografico per Angelo Maltese non era sofisticazione e maestria. Il nostro, da artista fotografo, privilegiava l’analisi psicologica, cercava di dare ad un viso l’essenza vera dello sguardo, dell’attimo fuggente, di un’improvvisa malinconia o dolcezza o di una fissità volitiva. Maltese sapeva aspettare quell’attimo, infatti non fotografava subito i suoi soggetti, prima voleva cercare di catturare le loro caratteristiche usuali, gli stati d’animo suscitati da particolari stimoli in modo da esteriorizzarli e poterli penetrare attraverso l’obiettivo fotografico.
“È invalso l’uso nelle mostre fotografiche di definire “opere” le fotografie esposte, come per le arti figurative. Io non sono di quest’avviso, ritenendo inopportuno l’accostamento della fotografia alle vere e proprie opere della creazione. La fotografia è per me, non già per quello che so fare io, ma anche per quello che fanno i maggiori in questo campo di attività, un’arte minore. Nulla esclude che a praticarla con alto e nobile intendimento possa essere invogliato un temperamento di vero artista, nel qual caso la fotografia può raggiungere espressioni di stile e poesia, pur rimanendo nell’ambito delle sue limitate possibilità, in opposto alle arti eccelse che non hanno confini e che entrano nel dominio delle cose eterne, pura e inconfondibile espressione del genio e dello spirito umano. A noi è preclusa la via della creazione, ci si offre l’interpretazione davanti alla realtà pura e vibrante del tutto vero, che la nostra sensibilità artistica dovrà saper scegliere, inquadrare e illuminare, luci ed ombre, dal bianco al nero, in un’armonia di linee, di toni, di volumi” (1954).
Angelo Maltese si dedicò, durante i lunghi anni della sua attività professionale alla complessa arte del ritratto. I suoi sono ritratti elaborati e difficili e sono l’espressione degli anni ’20-’30.
Fu maestro nel ritocco; il “flou” nella sua attività dominò sovrano adoperando speciali obiettivi che fondevano l’immagine dandole un senso di elevata spiritualità. Egli fu capace di creare, accanto a molti ritratti di circostanza, degli autentici capolavori che riescono ad andare oltre l’epoca nella quale furono realizzati, Egli vide attraverso il suo obiettivo la società del suo tempo con occhio indagatore, nei suoi aspetti di lusso, vanità, eleganza, ma anche nella durezza della vita quotidiana. La maggior parte dei ritratti ci sono giunti anonimi. Egli si rivolse sia ai membri della media e alta borghesia sia alla semplice gente del popolo. Moltissimi dei personaggi ritratti oggi non esistono più ma rivivono attraverso la fotografia in una nuova dimensione. Nel ritratto egli privilegiava la luce morbida e le atmosfere aeree. Il ritratto fotografico per Angelo Maltese non era sofisticazione e maestria. Il nostro, da artista fotografo, privilegiava l’analisi psicologica, cercava di dare ad un viso l’essenza vera dello sguardo, dell’attimo fuggente, di un’improvvisa malinconia o dolcezza o di una fissità volitiva. Maltese sapeva aspettare quell’attimo, infatti non fotografava subito i suoi soggetti, prima voleva cercare di catturare le loro caratteristiche usuali, gli stati d’animo suscitati da particolari stimoli in modo da esteriorizzarli e poterli penetrare attraverso l’obiettivo fotografico.